"Tamara De Lempicka"
"Tamara De Lempicka"
Lezione della Prof.ssa Nadia Spogli
16 Aprile 2025
Mercoledì 16 aprile 2025 la Prof.ssa Nadia Spogli ha tenuto per i Soci dell'Università Terza Età Città di Gubbio una lezione su Tamara De Lempicka.
Ambigua, libera, un mito sicuramente, la pittrice è la star del periodo tra le due guerre, simbolo degli anni Venti e di quella élite che amava frequentare il Ritz a Parigi e il Grand Hotel a Montecarlo e che oggi chiameremmo jet set. Tamara è bella, elegante, sofisticata, intelligente e non pochi reporter cadono in estasi solo per un suo sguardo.
Il New York Times la caratterizza quale “Dea dagli occhi d’acciaio dell’era dell’automobile, ancora Auto-Journal la definisce “Inaccessibile: una bellezza fredda ed irritante dietro la quale si intuisce un essere fantastico, questa donna è libera”. La sua produzione artistica è caratterizzata da soggetti femminili e grandi ritratti; donne di lusso, frivole che vivono in un mondo agiato con gioielli in vista e abiti alla moda. Creature dalle gambe lunghissime, nude, muscolose, sportive, guerriere, ma anche trasgressive, sensuali, a volte volgari e lascive. In pieno stile Art Déco rappresenta personalità dell’aristocrazia, uomini in abiti eleganti, donne con gioielli, cappelli e guanti, a fare da sfondo lo skyline di New York. Lo sfarzo e il lusso delle sue creature sono spesso accompagnati da una forte carica di sensualità fino a virare verso l’erotismo ma, ciò nonostante, le sue donne hanno un’aria malinconica ed irraggiungibile, altezzose in atteggiamenti provocanti, perfettamente adeguate all’epoca di agiatezza per ricchi e di estrema povertà per altri.
Il maestro francese André Lhote, pittore versatile e insegnante di Arte, la spinge verso il cubismo cosiddetto sintetico che Tamara fa immediatamente suo, un cubismo non per intellettuali ma che doveva assecondare il gusto borghese, da salotto, un cubismo in cui si riconosce il soggetto fatto di forme geometriche e classiche, dove i personaggi mantengono la loro origine di casta elevata. L’intero impianto compositivo è costruito su una immagine che si impone per potere visivo, la figura viene deformata, gli elementi anatomici sono forzati a rientrare in linee curve che disegnano archi e cerchi, le proporzioni sono stravolte in nome di una costruzione scultorea. La lezione cubista è limitata e riduce a corpi solidi gli elementi anatomici: il seno, il ventre, le mani. La gamma cromatica è estremamente limitata a pochi colori nella stessa tela, il grigio interviene a dare raffinatezza e smorzare i rapporti più arditi. Le ombre sono decise e segnano, come negli occhi dei volti femminili, le orbite, gli archi sopraccigliari netti che ricordano tanto Marlene Dietrich.
Negli anni Venti e Trenta, Tamara elabora una pittura cristallina, fredda della luce glaciale delle notti russe che si impone per durezza metallica e per la indiscutibile capacità tecnica nel lavorare il colore. In questo periodo, molti quadri della Lempicka sono costruiti su un sistema di equivalenti, di corrispondenza tra l’andamento delle linee che costruiscono le figure e le campiture decorative che costituiscono lo sfondo come nel ritratto del “Marchese Sommi” e il nudo “La Modella”, mentre in “Il Ritmo” e “Gruppo di quattro nudi” il riferimento va certamente al grande artista francese J.A.D. Ingres per l’esaltazione del nudo e la bellezza dei corpi.
Determinante per la sua fama, nel 1926, l’incontro con Gabriele D’Annunzio al Vittoriale, che chiede a Tamara di fargli un ritratto. Sarà coinvolta invece in una storia d’amore che però, come il ritratto, si risolverà in un nulla di fatto.
Negli anni ‘30 raggiunge un considerevole successo artistico, ma soprattutto la ricchezza sposando in seconde nozze il barone Kuffner. È quello che Tamara vuole e ci riesce, lei che era arrivata a Parigi come esule russa non perdendo mai l’occasione per mettersi in vista, scegliendo uno stile pittorico raffinato, un miscuglio tra postcubismo e neoclassicismo. La serie di avvenimenti storici degli anni Trenta che culminano con l’invasione della Polonia da parte di Hitler la portano a lasciare l’Europa per trasferirsi in America, dove esisteva un altro scenario artistico.
La Tamara di quegli anni ha qualcosa di Dalì e del Surrealismo, ma i suoi soggetti non sono affatto convincenti a paragone dei lavori mondani e galanti che avevano decretato in Europa la sua fama di pittrice. Accetta poi la sfida dell’arte astratta, affermatasi ormai ovunque, rinunciando a qualunque riferimento ad un modello esterno, ma nei suoi ultimi lavori non vi è più alcuna traccia dell’impeto del passato e nonostante tenti di stemperare le forme e i colori, i suoi quadri non convincono più nessuno, nemmeno lei.
Quando nel 1962, presso la Galleria Iolas a New York, verrà allestita una sua mostra, ci sarà tra i critici soltanto indifferenza, mentre i possibili clienti si guarderanno bene dal comprare i suoi quadri. Il suo orgoglio di baronessa Kuffner non le permette di sopportare tutto ciò, quella sarà la sua ultima mostra americana. Trascorre gli ultimi anni della sua vita a Cuernavaca in Messico, assistita dallo scultore messicano Victor Manuel Contreras e dalla figlia.
Nel 1980 Kizette realizzò l’ultimo desiderio della madre: sparse le ceneri di Tamara de Lempicka sul cratere del vulcano Popocatépetl, vulcano mai completamente sopito.