"Verso il Naturalismo

 Cimabue, Duccio di Buoninsegna, Giotto a confronto"

Lezione della Prof.ssa Nadia Spogli

03 maggio 2023

Giotto, Maestà di Ognissanti 

Giotto

Crocifisso di Santa Maria Novella

"Verso il Naturalismo. Cimabue, Duccio di Buoninsegna, Giotto a confronto" Mercoledì 3 Maggio 2023 per i Soci dell'Università Terza Età Città di Gubbio.

Così la Prof.ssa Nadia Spogli ha inteso proseguire il percorso iniziato con la lezione su Giotto illustrando la situazione pittorica italiana dagli inizi del 1200 in avanti: benchè la tradizione non rompesse del tutto con l' arte Bizantina, tuttavia a metà del secolo si manifestarono i primi cambiamenti dovuti all’influsso della scultura gotica, in cui le figure si allungarono e diventarono più sinuose ed eleganti.


Dopo il largo impiego del mosaico e dell’affresco, nel cantiere di Assisi si perfezionò la pittura su tavola attraverso l’esecuzione di polittici, dittici, trittici, tavole d’altare, crocifissi da appendere nell’abside o sopra l’iconostasi. 

Il soggetto più frequente era la rappresentazione della Madonna detta “Maestà” seduta in trono tra Angeli e Santi che trovò largo impiego nelle pale mariane di grande devozione popolare. Con la Maestà Ognissanti, Giotto raggiunse il massimo livello di naturalezza rappresentando la Vergine in maniera solenne ma umana, resa viva dalla solidità corporea.

L’iconografia dei Crocifissi ebbe invece una evoluzione particolare. Dalla prima raffigurazione del CRISTUS TRIUMPHANS (che trionfa sulla morte) con il corpo eretto, gli occhi aperti, corpo vigoroso che non lascia spazio alla rappresentazione del dolore, si passa ad una nuova iconografia CRISTUS PATIENS (sofferente). Gesù è in agonia, sanguinante, il corpo magro, il torace scavato, il corpo reclinato con braccia e gambe flesse. Questa tipologia ebbe una grande fortuna perché corrispondeva alla nuova spiritualità promossa dagli ordini mendicanti, soprattutto dai Francescani che ritenevano questa rappresentazione in grado di coinvolgere i fedeli ai quali non era offerta una icona astratta da adorare, ma una immagine reale oggetto di devozione.

 

PITTURA SU TAVOLA. La tavola lignea era di solito preparata assemblando delle assi di legno stagionato per alcuni anni. In Italia e in Europa del Nord si sceglievano legni molto diffusi come quelli di pioppo di quercia e di castagno. Le tavole erano accostate in genere in file verticali, incollate e fissate con tasselli di legno e traverse sul retro.


Fasi di preparazione:

Telaggio, Ingessatura e Incamottatura. Il legno, una volta piallato e levigato, veniva impregnato con una o più mani di colla naturale. Si procedeva poi a fasciare le tavole con una tela morbida, preferibilmente tela vecchia (detta cencio di nonna), che veniva impressa con almeno due strati di gesso: uno ruvido di gesso grosso per livellare ed uno fine di gesso sottile per creare la base pittorica.

Doratura. Se l'opera prevedeva la doratura, il cosìddetto “fondo oro,” si stendeva sulla parte da dorare uno strato di bolo armeno, cioè un'argilla rossa sciolta con acqua e chiara d'uovo. La foglia d'oro veniva poi applicata con un pennello ed appoggiata sulla superficie con il bolo

Disegno e Tinta. Il disegno poteva avvenire a mano libera o riportato con la tecnica dello spolvero, una volta preparato il disegno si iniziava a stendere il colore.

Verniciatura. Finita la fase pittorica le opere venivano verniciate con un velo di gomma lacca.


Dopo la dettagliata introduzione, la Prof.ssa Spogli ha proseguito illustrando molte oper di esponenti di spicco del periodo: Cimabue, Duccio di Buoninsegna, Giotto.

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 della Prof.ssa Nadia Spogli

Verso il naturalismo