"La Boheme" ascolto guidato

Ascolto guidato dal Prof. Lucio Vinciotti

15 febbraio 2023

"LA BOHEME"

mercoledì 15 febbraio 2023 per i Soci dell'Università della Terza Età Città di Gubbio.

L'ascolto dell' intramontabile opera lirica in quattro quadri di Giacomo Puccini, libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, è stato guidato dal Prof. Lucio Vinciotti che ha utilizzato la pregevole edizione del 1965 con regia di Franco Zeffirelli, Coro e Orchestra del Teatro Alla Scala di Milano, direzione di Herbert Von Karajan.

L'opera, tratta dal romanzo d'appendice "Scènes de la vie de bohème" di Henri Murger,  ebbe una nascita alquanto burrascosa. All'epoca anche il compositore e librettista Ruggero Leoncavallo stava infatti lavorando ad un adattamento musicale della medesima opera. Puccini, quando lo seppe, continuò comunque nel suo lavoro, consapevole dei suoi mezzi. 

Quando l'opera debuttò il 1° febbraio nel 1896 al Teatro Regio di Torino, diretta da un ventinovenne Arturo Toscanini, ebbe un buon successo di pubblico. Al contrario, l'opera di Leoncavallo, rappresentata la prima volta nel 1897, cadde rapidamente nell'oblio.

La critica in principio si dimostrò fredda nei confronti dell'opera di Puccini; in seguito però si allineò al generale consenso riscosso in molti teatri ed oggi è un  intramontabile evregreen che tuttora legittimamente continua a sedurre le platee di tutto il mondo: primo capolavoro assoluto, dopo Manon Lescaut, del futuro autore di Tosca e Butterfly, Fanciulla e Turandot.  (clicca per continuare a leggere)

La regia del grande Franco Zeffirelli ha aggiunto un tocco davvero magico alle vicende di Mimì e Rodolfo. I colori del Cafè Momus all'interno del quale si incontrano gli amici, i fiocchi di neve che cadono lievi sulla coppia di innamorati, la gioiosa entrata di un carretto trainato da un asinello e di una carrozza trascinata da un cavallo, le voci dei bambini che si rincorrono sul palco.


Henri Murger (1822 – 1861) autore del romanzo da cui è tratta l'opera, aveva amato una Lucille, detta Mimì che era morta a soli ventiquattro anni di tisi all’Ospedale de La Pitié; in Rodolphe, Murger aveva rappresentato se stesso, ai tempi in cui divideva una soffitta parigina col pittore Léon Noël. 


Ma la verità del soggetto, pur conservando qualche tratto autobiografico, appare filtrata in un’operazione idealizzante della memoria. Una favola bella e triste che riesce a creare un’illusione di realtà attraverso l’ambientazione dimessa: soffitte fredde, osterie, strade del Quartiere Latino, in cui si muovono personaggi che colpiscono per la loro misura quotidiana e antieroica.


Dopo l'epopea risorgimentale, la letteratura e il melodramma pongono al centro personaggi e vicende della vita comune, verso il  verismo e l'impressionismo  di fine secolo. Puccini tuttavia si differenziò subito dalla maggior parte dei suoi contemporanei rinunciando a qualsivoglia suggestione verista.  Mirabile e innovativa è infatti la tecnica drammaturgica della sua opera: quattro quadri  in cui ampio spazio è lasciato ai momenti di contemplazione lirica e pura poesia. Due atti gai, poi due tristi, con sottili corrispondenze fra il primo e l’ultimo: i due atti ”della soffitta” sono infatti entrambi nettamente divisi in due parti, l’una movimentata, l’altra statica, rispettivamente scherzosa e lirica nel primo, scherzosa ed elegiaca nel quarto.


Il secondo atto è invece una sorta di “scherzo” turbolento, il compositore, nell’evocare l’atmosfera della vigilia di Natale in un boulevard parigino, mette a frutto la sua straordinaria abilità nel tratteggiare movimenti di massa.


Il terzo atto, dove calano le prime ombre sulla vicenda amorosa dei protagonisti, appare invece come un dolce e struggente “Andante”, e non si finirà mai di ammirare la finezza del contrasto comico creato dalla coppia Marcello-Musetta alle effusioni sentimentali di Rodolfo e Mimì.


Caratteristica infine la stagionalità dei vari episodi e il freddo che incombe sui personaggi.


La spontaneità di Bohème si esprime nello “stile di conversazione” assai lontano dal tono possente del “grande” melodramma, spezzando la frase musicale e la simmetria del pezzo chiuso a favore dell’intonazione intimistica, della “parola scenica”.


In questo è racchiusa la toccante “leggerezza” di Bohème, la sua misura piccolo borghese che segna un deciso superamento dei modi verdiani dell’Aida e di Otello nonché di tutta la tradizione e della “grande opera”.


Nella diafana leggerezza della trama strumentale, nei delicati tocchi “impressionistici”, si manifesta ancora una volta la squisita sensibilità francese del musicista.


Puccini introduce I suoi “motivi conduttori” che  nascono da una frase vocale, dal canto stesso del personaggio e a quelle parole in maniera evocativa restano indissolubilmente legati richiamandole ad ogni ritorno. 


Così: Nei cieli bigi, Mi chiamano Mimì, Che gelida manina, Talor da mio forziere ruban tutti i gioielli, Voglio fare il mio piacere, vo’ far quel che mi pare, Sono andati? Fingevo di dormire.


Bohème fa riferimento a un costume di vita che era divenuto d’attualità nell’ambiente della “scapigliatura” milanese, ambiente che Puccini aveva personalmente conosciuto, quando, giovane studente di conservatorio, divideva con Mascagni una modesta stanzetta al Vicolo San Carlo.


Diario nostalgico di una giovinezza povera, ma piena di illusioni e speranze, è in fin dei conti il capolavoro pucciniano: “per sogni e per chimere/ e per castelli in aria/ l’anima ho milionaria” intona l’idealista Rodolfo.

Bella età d’inganni e d’utopie” la giovinezza è meravigliosa nella sua inconsistenza, nella sua caducità. Nella sua rievocazione nostalgica il senso profondo di quello che è senza dubbio il più alto e autentico esempio di decadentismo in musica.


(liberamente tratto dal  commento di Maria Paola Meo)

PERSONAGGI e TRAMA


PERSONAGGI

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TRAMA

L'esistenza spensierata di alcuni giovani artisti bohémien nella Parigi del 1830, costituisce l'ambientazione dei diversi episodi in cui si snoda l'intera opera.

La storia è nota: nella Parigi del 1830 si incrociano le vite di artisti bohèmiennes come Marcello ,Schaunard e Coline , ma al centro dell'intera vicenda vi è la storia d'amore tra il poeta Rodolfo e la bella Mimì , vittima di un male che accomuna molte delle eroine letterarie dell'800, la tubercolosi.


Tra la passione ritrovata di Marcello per la bella Musetta, le schermaglie di quest'ultima e l'allegria dei quattro amici, si consumerà il dramma della povera ricamatrice Mimì, che ben presto morirà precipitando Rodolfo nella più profonda disperazione.

  

QUADRO I

Nella soffitta

Il periodo è la vigilia di Natale. Marcello (un pittore) e Rodolfo (un poeta) tentano di scaldarsi davanti a un caminetto. Marcello sta dipingendo, mentre Rodolfo usa le pagine di un suo poema per ravvivare il fuoco.

Si unisce a loro prima il filosofo Colline e in seguito il musicista Schaunard con un cesto di cibarie e la notizia di aver finalmente guadagnato qualche moneta. L'inaspettata visita di Benoît (il padrone di casa) smorza gli entusiasmi.

Con uno stratagemma il padrone di casa viene allontanato e il gruppo di amici si reca al caffè Momus.

Rodolfo rimane indietro, promettendo di raggiungerli non appena avesse finito di scrivere il suo articolo.

Mimì, la giovane vicina di casa, bussa alla porta di Rodolfo per chiedergli una cortesia: il suo lume si è spento e vorrebbe una candela per riaccenderlo. La ragazza però ha un mancamento: è il primo sintomo della tisi.

Quando alfine si accinge a tornare a casa, si rende conto di aver perso la chiave della sua stanza. Sia Rodolfo che Mimì si inginocchiano per cercarla; nella concitazione del momento, entrambi i lumi si sono spenti.

Rodolfo, volendo trascorrere più tempo in compagnia di Mimì, nasconde in tasca la chiave appena ritrovata. I due conversano delle loro vite, mentre continuano a cercare la chiave al buio. Mimì racconta di vivere da sola e di essere una rcamatrice di fiori.

L'intimità dei due viene interrotta dalle grida degli amici di Rodolfo, che reclamano la sua presenza al caffè; Mimì gli propone di accompagnarla, quindi entrambi si recano al caffè Momus


QUADRO II

Al caffè Momus

Il gruppetto di amici si ricongiunge al caffè Momus, dove Rodolfo presenta agli altri la giovane Mimì.

Intanto giunge anche Musetta, una vecchia fiamma di Marcello, insieme al ricco e non più giovane Alcindoro. Lei aveva lasciato Marcello per tentare nuove avventure. Musetta fa di tutto per attirare l'attenzione di Marcello, arrivando a togliersi una scarpa e scoprire la caviglia, con la scusa di un dolore improvviso al piede.

Marcello non può resisterle e si ricongiunge quindi alla giovane. La coppia di amanti ritrovati insieme al gruppo di amici, se ne va, lasciando ad Alcindoro la scarpetta e il conto.


QUADRO III

La Barriera d'Enfer

E' giunto ormai il mese di Febbraio e la neve ricopre qualunque cosa. Le due coppie di giovani amanti scoprono ben presto che la convivenza è impossibile. I litigi tra Marcello e Musetta scatenati dalla gelosia sono ormai la norma, così come le incomprensioni tra Rodolfo e Mimì. Lei viene incolpata di eccessiva leggerezza e infedeltà.

Rodolfo ha intuito la malattia di lei, capisce anche che vivere in una soffitta potrebbe peggiorare le sue condizioni.

Il ricordo dei bei momenti passati insieme ha però la meglio, e i due rinviano l'inevitabile addio all'ormai prossima primavera.

Musetta e Marcello si separano dopo l'ennesima lite.


QUADRO IV

Di nuovo in soffitta

Marcello e Rodolfo, separati ormai da Musetta e Mimì, parlano dell'amore e delle pene che porta con sè. L'atmosfera diventa più giocosa condo sopraggiungono anche Colline e Schaunard. I giochi e le battute, però, servono solo a mascherare la profonda disillusione che i quattro provano realmente.

Arriva di corsa Musetta che avverte di aver visto Mimì sulle scale, sofferente.

Musetta invia Marcello a vendere i suoi orecchini per comprare delle medicine per Mimì. Lei stessa parte alla ricerca di un manicotto per scaldare le mani di Mimì. Colline decide di contribuire, vendendo il suo amato cappotto.

Nella soffitta del loro primo incontro, Rodolfo e Mimì ricordano con tenerezza i giorni del loro amore. Mimì si spegne così, dolcemente, circondata dai suoi amici. Mimì sembra assopita; il primo ad accorgersi della sua morte è Schaunard, che lo confida a Marcello.

Rodolfo, una volta accortosi di quanto accaduto abbraccia piangendo la sua amata ripetendo straziato il suo nome. 

PROGRAMMA DI SALA 

LA BOHÈME (Torino 01/02/1896)

Dramma lirico in quattro atti di Giacomo Puccini

Libretto di Giuseppe Giocosa e Luigi Illica

Coro e orchestra del Teatro alla Scala di Milano

Direttore Herbert Von Karajan

Regia di Franco Zeffirelli


 

PRIMO ATTO

  6  - Non sono in vena  (Rodolfo, Mimì)

7  - Oh! Sventata, sventata  (Mimì, Rodolfo)

8  - Che gelida manina  (Rodolfo)

9  - Sì. Mi chiamano Mimì  (Mimì, Rodolfo, Schaunard, Colline, Marcello)

10- O Soave fanciulla (Rodolfo, Marcello, Mimì)

 

SECONDO ATTO 

12-Questa è Mimì  (Rodolfo, Marcello, Colline, Schaunard, Parpignol, Mimì, Coro)

13-Oh! Musetta! – Essa!  (Rodolfo, Marcello, Colline, Schaunard,  Mimì, Musetta)

14-Quando men vo soletta per la via   (Rodolfo, Marcello, Colline,  Mimì, Musetta)              

                                                                                               

TERZO ATTO 

19-Mimì! – Speravo di trovarvi qui  (Marcello, Mimì)

20-Marcello. Finalmente!  (Rodolfo,Marcello, Mimì)

21-Mimì è una civetta  (Rodolfo,Marcello, Mimì)

22-Addio – Che! Vai? (Rodolfo,Marcello, Mimì, Musetta)

 

QUARTO ATTO 

28-Sono andati? Fingevo di dormire  (Mimì, Rodolfo, Schaunard)

29-Dorme? – Riposa  (Rodolfo, Marcello, Colline, Schaunard, Musetta)


 

PERSONAGGI E INTERPRETI

Mimì : Mirella Freni (soprano)

Musetta : Adriana Martino  (soprano)

Rodolfo : Gianni Raimondi  (tenore)

Marcello : Rolando Panerai (baritono)

Schaunard : Gianni Maffeo (baritono) 

Colline : Ivo Vinco (basso)

PRESENTAZIONE DEI BRANI GUIDATA DAL PROF. LUCIO VINCIOTTI 

PRIMO ATTO                  

La Bohème racconta l’amore tra Mimì e Rodolfo. Mimì è una ricamatrice che lavora tutto il giorno, Rodolfo è un poeta bohemien.  I bohemien erano artisti di strada che vivevano alla giornata. Malvisti dalla popolazione che li associava agli zingari (da qui il nome, poiché gli zingari arrivavano dalla Boemia). Rodolfo vive in una soffitta di Parigi con tre amici: Marcello pittore, Schaunard musicista e Colline filosofo. 


Il primo incontro tra Mimì e Rodolfo: Rodolfo è solo nella soffitta. Bussano alla porta, è Mimì (mentre saliva le scale, le si è spento il lume e chiede di riaccenderlo).  E' bene fare attenzione alla prima inquadratura di Mimì quando Rodolfo apre la porta (la regia è di Zeffirelli, che in questo ha la mano delicata), capelli neri pettinati come usava allora a fine Ottocento, vestito come usava allora, Mimì dà subito una sensazione di grande tenerezza e dolcezza. Entra ma si sente male, le cade il lume e la chiave della camera così quando esce, dopo aver acceso il lume, non trova più la chiave. Rientra: “Sventata sventata, la chiave della porta dove l’ho lasciata?” e con Rodolfo al buio si mette a cercare la chiave. Lui le prende la mano, un clarinetto tiene una nota lunga su cui entra il tenore: “Che gelida manina, se la lasci riscaldar, cercar che giova? al buio non si trova”. (clicca per continuare a leggere)

Ascoltando  questo pezzo si resta stupiti dalla facilità e perfezione con cui il tenore va sull’acuto quando dice: “Ma il furto non m’accora, poiché v' ha preso stanza la speranza."  Sulla parola speranza va sull’acuto prendendo una nota per niente facile con grande sicurezza. 

Poi si presenta Mimì: “Sì, mi chiamano Mimì ma il mio nome è Lucia.”  Poi si descrive  ed è dolce e poetico il testo di Illica e Giacosa: “Mi piaccion quelle cose che han si dolce malia che parlano d’amore, di primavere di sogni e di chimere, quelle cose che han nome poesia.” Da un punto di vista musicale il passaggio più importante è quando lei dice: “Vivo sola soletta in una bianca cameretta, guardo sui tetti il ciel, ma quando vien lo sgelo il primo sole è mio” perché, mentre lei dice questo, l’orchestra si apre, sembra descrivere lo sbocciare di un fiore. 

Infine Rodolfo le fa la dichiarazione d’amore: “Soave fanciulla… o dolce viso di mite circonfuso alba lunar, in te ravviso il sogno ch’io vorrei sempre sognar.” E' bellissimo, all’unisono soprano-tenore sulla stessa nota: “Fremono già nell’anima le dolcezze estreme, tu sol comandi amore”. Si sono fidanzati, lei gli chiede di uscire e raggiungere gli amici, lui per scoraggiarla le dice: “Fa tanto freddo fuori”.  E’ dolce Mimì nel rispondergli :“Vi starò vicina” così escono e mentre scendono le scale ripetono più volte: “Amore, amore!”


SECONDO ATTO

In un bistrot di Parigi Rodolfo presenta Mimì agli amici: “Questa è Mimì gaia fioraia, il suo venir completa la bella compagnia perché son io il poeta essa la poesia. Dal mio cervel sbocciano i canti dalle sue dita sbocciano i fior, dall’anime esultanti sboccia l’amor.”  Le ha regalato una cuffietta rosa che rivedremo nel terzo e quarto atto. Lei ordina la crema. 


Poi arriva Musetta a braccio di un ricco e anziano signore che la mantiene. Lei è bella, giovane e fa così la bella vita. Vede che nel locale c’è Marcello (con cui ha avuto una storia) e per farlo ingelosire canta il famoso valzer pieno di malizia e seduzione: “Quando men vo soletta per la via la gente sosta e mira e la bellezza mia tutta ricerca in me da capo a piè.” Poi con una scusa, le fa male una scarpa, manda il vecchio che l’accompagna a sistemarla. Sui due, Marcello e Musetta, che si riconciliano si chiude l’atto e, quando il cameriere porta il conto, Musetta fa pagare tutto al vecchio che l’accompagna.

 

 

TERZO ATTO

E’ l’atto degli addii. Rodolfo e Mimì si amano ma scoprono di avere caratteri inconciliabili, lui è gelosissimo e dopo l’ennesima scenata se n’è andato sbattendo la porta. Mimì di mattina presto, mentre su Parigi cade una fitta nevicata, va a parlare con Marcello in una osteria dove sta lavorando con Musetta e si confida con lui.

“Rodolfo m’ama e mi fugge, il mio Rodolfo si strugge per gelosia. Mentre dormo vuol leggere anche i miei sogni in viso." 


Poi Marcello parla con Rodolfo che gli conferma la sua gelosia: “Mimì è una civetta che frascheggia con tutti, un moscardino di viscontino le fa gli occhi di triglia, ella sgonnella e mostra la caviglia con un far promettente e lusinghier” ma poi, aggiunge, c’è un altro motivo. Mimì è molto malata anzi è condannata.


Il guaio è che Mimì sente tutto e quando lui la vede ci resta male. Poi l’addio, una delle pagine più belle di tutta l’opera. Dice Mimì: “Addio senza rancor. Ascolta ascolta. Le poche robe aduna che lasciai sparse. Nel mio cassetto stan chiusi quel cerchitto d’oro e il libro di preghiere … Addio dolce svegliare alla mattina…Addio sognante vita! Addio rabbuffi e gelosie che un tuo sorriso acqueta”.


Intanto anche Marcello e Musetta stanno litigando e si lasciano ma in modo tutto diverso da Rodolfo e Mimì, Marcello e Musetta prendono l’amore così come viene giorno per giorno ed è un continuo lasciarsi e tornare assieme. Invece Mimì e Rodolfo sono veramente innamorati e concludono dicendo: “Ci lasceremo alla stagion dei fior.” L’atto chiude con questo concertato a quattro voci di grande effetto.



QUARTO ATTO                       

E’ l’atto della morte di Mimì. Andiamo direttamente agli ultimi due brani con  una scena davanti alla quale è difficile restare indifferenti grazie alla bravura di Puccini ma anche di Zeffirelli: l’ immagine inquadra il volto di Mimì in primo piano con gli occhi chiusi e Rodolfo che le sta accanto. C’è una musica di sottofondo ma all’inizio non si capisce bene di cosa si tratti, poi si riconosce la melodia (“fremon già nell’anima le dolcezze estreme”) e sull’orchestra che cresce di intensità i due si abbracciano senza parlare. 


Poi lei dice ancora una volta dolcissima: “Fingevo di dormire perché con te da sola volevo restare” e ricorda tutta la loro storia come il primo incontro quando lui aveva fatto finta di non ritrovare la chiave: “Aiutavo il destino” e Mimì: “Era buio e il mio rossor non si vedeva”. Mimì sente tanto freddo, esprime il desiderio di avere un manicotto di pelliccia e Musetta glielo va a comprare (alla fine tutti i personaggi rivelano gran cuore e onestà). Poi la fine, con una mano che si lascia andare e la disperazione di Rodolfo. 

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Il termine francese Bohème fu usato per la prima volta nel XIX secolo per descrivere lo stile di vita non convenzionale dei cosiddetti bohémien, ovvero artisti, scrittori, musicisti e attori marginalizzati e impoveriti delle maggiori città europee. (clicca sulla figura sottostante della "Bohemienne" pe continuare a leggere notizie sul termine "Boheme")