Cento anni di emigrazione dall'Alta Umbria

Incontro con la Prof.ssa Maria Vittoria Ambrogi e il Direttore Giancarlo Sollevanti 

6 aprile2022

“Abbracci e lacrime poi l'ignoto - cento anni di emigrazione dall'alta Umbria”

di M. V. Ambrogi, G. Belardi, G. Sollevanti, 2008, Petruzzi Editore

“Abbracci e lacrime….poi l’ignoto. Cento anni di emigrazione dall’Alta Umbria”.

Mercoledì 6 Aprile 2022 la Prof.ssa Maria Vittoria Ambrogi e  il Direttore Giancarlo Sollevanti hanno trattato il tema dell’emigrazione a partire dal libro che hanno scritto con il Prof Giambaldo Belardi e la collaborazione di Massimo Bei, “Abbracci e lacrime….poi l’ignoto. Cento anni di emigrazione dall’Alta Umbria”.

L'intervento dei due esimi studiosi dei problemi connessi al tema dell'emigrazione si inserisce nel Progetto "Senza Frontiere," pensato da Università Terza Età Città di Gubbio, Centro Sociale San Pietro Gubbio e AUSER, che prevede successivi incontri: venerdì 8 aprile "Mamma mia dammi cento lire…I canti dell’emigrazione Italiana" con Claudia Fofi, Cantautrice e Formatrice vocale, Direttrice Artistica del Festival “Umbria in Voce; mercoledì 27 aprile  conversazione "Eugubini nel mondo. Legami e aperture"  con il Dott. Mauro Pierotti, Presidente dell’Associazione Eugubini nel mondo; sabato 28 maggio Visita al Museo Regionale dell'Emigrazione "Pietro Conti" di Gualdo Tadino con Catia Monacelli Direttrice del Museo; nel mese di Giugno un'iniziativa di carattere pubblico concluderà il Progetto. 

Partendo dagli anni che vanno dalla fine dell’Ottocento agli inizi del Novecento, la  Prof.ssa Maria Vittoria Ambrogi e  il Direttore Giancarlo Sollevanti hanno illustrato un fenomeno che interessò l’Italia e in particolare l’Alta Umbria, lo sradicamento di tanti emigranti dalla propria terra, in fuga dalla miseria e alla ricerca di un futuro migliore.

E’ una storia, per usare le parole tratte dalla Prefazione di Pavilio Lupini, Presidente Consulta Emigrazione Regione Umbria, “da conoscere, da raccontare anche per apprezzare l’immane sacrificio, il grande debito che abbiamo verso persone che con il duro lavoro all’estero, fatto di sfruttamento, di umiliazioni, hanno contribuito allo sviluppo dell’Italia con le loro rimesse, garantendo la sopravvivenza delle famiglie rimaste a casa.”

Di seguito possiamo leggere la Premessa allo stesso libro: (continua a leggere)

“ Nell’arco dei cento anni che vanno dal 1876 al 1976 circa 27 milioni di uomini, donne, bambini, dei quali 12-14 milioni in via definitiva, varcano le frontiere dell’Italia alla ricerca di un futuro migliore. Fuggono dalla miseria, da una terra “ingrata e maligna”, isolatamente o in gruppi: un esodo biblico, per lo più di analfabeti, una delle più grandi trasmigrazioni di contadini, braccianti, operai, artigiani, in numero molto minore di professionisti, che si sradica dal proprio paese, dall’humus della propria terra, abbandona la propria casa, i propri cari, per andare, con fiducia e speranza, verso i più disparati angoli del mondo, in cerca di fortuna.

Questi emigranti accettano ogni contratto, si adattano ad ogni forma di lavoro  mietono il grano in Argentina, tagliano le foreste brasiliane, scavano carbone in Pennsylvania, in Francia, in Lussemburgo, in Belgio, in Germania, offrono la loro opera di arrotini o lustrascarpe per le vie di New York. Non conoscono la lingua del Paese dove vanno, non hanno esperienza nelle operazioni di cambio della moneta, non sanno come si affronta un viaggio; sono spesso senza una qualifica, forza bruta, manodopera a buon mercato, disprezzata, chiamata dalla gente del Paese che li accoglie con i nomi più umilianti: macaronì, carcamanos (quelli che rubano sul peso), crispy (suddito di Francesco Crispi disprezzato dai francesi, ma anche per somiglianza con grisbi, ladro).

Facile preda di imprenditori disonesti ed usurai, sono odiati dai lavoratori del posto che temono di perdere il lavoro perché si trovano a concorrere con gente di straordinaria capacità, di grande resistenza fisica, di adattabilità, frugalità, onestà. Un flusso di forze giovani, nel pieno del loro vigore, messaggeri di pace che collaborano ad affratellare i popoli, a diffondere il nome, le opere, la civiltà dell’Italia.

Questa ricerca vuole raccontare il coraggio, le grandi sofferenze, le speranze, in qualche caso i successi, più spesso i soprusi e talora i fallimenti, che patiscono gli emigranti che partono dall’Alta Umbria dal 1876 fino al 1976, quando anche questa parte dell’Umbria, da terra di emigrazione, diventa terra di immigrazione, paese che accoglie forze di lavoro, crocevia di razze e di etnie diverse.

Un viaggio nella memoria in una terra come l’Alta Umbria, che ha la più alta percentuale di emigranti di tutta la regione. Non esiste famiglia dell’Alta Umbria che non sia stata toccata dal fenomeno dell’emigrazione che investe tutto il suo territorio in maniera pervasiva e capillare, provocando lacerazioni e sconvolgimenti nel tessuto sociale e nella struttura familiare. Storie di sofferenze e di grandi speranze che non debbono essere dimenticate”.

Il libro “ non è solamente uno studio importante ma è, di fatto, un libro struggente” così si esprime nella Presentazione Ronald P. Spogli, Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia. E, continua: “guardando le tante fotografie che arricchiscono il testo…si ha l’impressione di partecipare ad un mondo scomparso e di essere emotivamente presenti a mille partenze, a mille addii.”

Il discorso poi si è allargato perché dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso le condizioni economiche dell’Italia sono mutate tanto da farla diventare, da Paese di emigrazione, un Paese di immigrazione. E quindi la ricerca fatta “può essere utile nei rapporti con gli immigrati di oggi, riportandoci alla memoria la xenofobia, le discriminazioni, le umiliazioni di cui furono oggetto gli emigranti di ieri.” (dalla Premessa al libro).